I Misteri, una forma teatrale senza tempo

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Esaminare un rito non è cosa semplice, esistono diverse letture, diversi livelli, diverse scuole di pensiero, bisogna, se si vogliono capire alcuni elementi, ridurlo in pezzi e smontarne le parti in pezzi sempre più piccoli. I Riti Settennali in onore dell’Assunta che si celebrano in Guardia Sanframondi sono da sempre un laboratorio vivente su cui si adoperano studiosi di ogni disciplina e di ogni dove ma anche più o meno piccoli “analisti” attratti dall’unicità e dalla peculiarità del rito.

Elemento importante dei riti sono i Misteri dove sfilano gli abitanti dei vari Rioni sotto forma di personaggi che danno vita a dei quadri viventi che rappresentano momenti di vita religiosa e fatti legati alla pietà popolare.
La rappresentazione, non a caso, definita “Mistero”, fa capo alla storia del teatro. I Misteri, a partire dal XII secolo, affiancano i drammi liturgici, come una nuova forma teatrale che trova la sua fortuna per non essere rappresentati in latino, bensì in lingua volgare.
In origine il Mistero era collocato all’interno delle processioni, proprio come a Guardia, e numerose sono le analogie con la ritualità della festa dell’Assunta che ci fanno capire l’origine di cose e fatti che ci giungono dal passato.

I personaggi, allora come adesso, riproducevano scene in costume, si muovevano in processione e rappresentavano fatti ed episodi del Nuovo e del Vecchio Testamento. L’episodio più rappresentato era “La fuga in Egitto” ma anche la “Natività” e la “Salita di Cristo al Golgota in mezzo ai soldati romani”.
Le processioni partivano e arrivavano all’interno della chiesa ma successivamente furono fermate sul sagrato dove continuava la rappresentazione che da semplici scene, con il tempo, presero la forma di vere e proprie rappresentazioni teatrali anche, forse, per occupare un luogo sacro utilizzato dalle rappresentazioni profane che quasi sempre scadevano nell’eccesso tacciato di paganesimo.

I drammi liturgici divennero sempre più lunghi e complessi e vennero separati dalle funzioni religiose perché neanche le chiese più grandi erano in grado di ospitare la folla che si radunava intorno a questi spettacoli. Fino al ‘300 in chiesa era permesso ballare, soprattutto in occasione delle nozze, e fondamentale era il canto, melodie lente e lamentose accompagnavano le rappresentazioni e sottolineavano i cambi di scena.

Le rappresentazioni, ieri come oggi, muovevano tutta una macchina organizzativa che faceva capo alle così dette “associazioni” che erano composte e animate dai giovani che, consapevoli dell’impegno non facile, si definivano le “compagnie dei folli”; anche le confraternite si occupavano dell’organizzazione dei “Misteri”: i membri vestivano i colori della confraternita divenendo essi stessi attori e spesso si occupavano di un elemento in particolare, come ad esempio la vestizione dei bambini ad angelo.

Lungo il percorso, i partecipanti, di regola, cantavano e a volte danzavano; gli spettatori partecipavano al rito in preda a una commozione mistica con invocazioni di grazia, atti di devozione e preghiere ininterrotte.

Un ultimo elemento di analisi ci porta al “percorso” che contrariamente a quanto si possa pensare è di fondamentale importanza e ci riporta nella storia delle religioni, e non solo, all’idea dello “spazio sacro”, il percorso delimita e chiude uno spazio e tutto ciò che vi è dentro diviene sacro perchè si carica di sacralità evocativa, fondamentale è anche il tempo inteso come durata, in certi casi il percorso viene ripetuto più volte secondo una simbologia numerica che attiene al sacro (ad. esempio il numero 3) ma questa è un’altra storia…!