Il tatuaggio e la sua evoluzione: da pratica criminale a tendenza sociale

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Abele De Blasio ha scritto diverse opere divenute dei capisaldi a cui hanno attinto, ed attingono ancora oggi, tutti coloro i quali si misurano con lo studio della criminalità organizzata nelle regioni meridionali. Nominato docente di antropologia criminale presso l’Università partenopea, si fece promotore del primo Gabinetto Scientifico di Polizia. Utilizzò il metodo descrittivo, fotografico e antropometrico, che in Italia era adottato dallo studioso Cesare Lombroso, che nei suoi lavori applicava tutta una serie di paradigmi criminali per delineare le caratteristiche comportamentali di tutto un popolo. Dagli studi lombrosiani nacquero le semplificazioni napoletano=camorrista, siciliano=mafioso e calabrese=’ndranghetista.

Nel 1987, De Blasio diede alle stampe “Usi e costumi dei camorristi”, un’opera modernissima per il suo impianto di ricerca e studio che anticipa molte indagini sociologiche ancora da venire.
Un capitolo interessantissimo e corposo è quello sui tatuaggi dove si afferma che
i tatuaggi erano esclusivi dei senza Dio in quanto la Chiesa li proibiva.

Nel cap. XX del libro del Levitico scritto da Mosè in persona, si legge “Non farete incisioni sulla vostra carne, a causa di un morto: e non farete figure o segni sopra di voi”.
In carcere era molto diffusa la pratica del tatuaggio, sia nella forma di auto tatuaggio, sia fatto eseguire dagli altri reclusi. Le parti prescelte erano il dorso, le mani e sul viso; tatuaggi costituiti da soli puntini o lineette. L’auto tatuaggio si trovava sempre a sinistra perché… “siccome lascia per la parte estetica molto a desiderare – scrive De Blasio -, i nostri malandrini, pe se fa fa ’e signe, si affidano a quelli che sono più periti nell’arte del punzecchiare”.

A seconda del disegno e del significato si potevano dividere i tatuaggi nelle seguenti categorie: religioso, d’amore, di nomignolo, di vendetta, di disprezzo, di professione, di bellezza, di data memorabile, osceno, simbolico, misto.
Dopo il tatuaggio d’amore, il tatuaggio religioso occupava il secondo posto. I segni consistevano in croci variamente eseguite, in nomi di santi ed in disegni raffiguranti santi e madonne. Questi disegni erano accompagnati dalle iniziali del tatuato, e quando il lavoro riusciva particolarmente bene, il tatuatore si compiaceva incidervi anche le proprie.
Il tatuaggio d’amore consisteva nel farsi imprimere sulla propria persona fiori, vasi con fiori, cuori, sia soli che trapassati da qualche freccia… ma non mancano dei casi nei quali il tatuato brama leggere per intero il nome della guagliona o della donna che gli rapì il cuore; così, per esempio, un tale portava scritto sul braccio destro: NANNINA A CAPILA BELLA E A PASSIONA MIA.

Tatuaggio di vendetta: istinto del camorrista era di non concedere il perdono, ma di vendicarsi. Una vendetta ben compiuta apportava promozione nella società, così, i disegni erano pugnali, pistole, spade e tombe.
Tatuaggio di professione: facevano riferimento al tipo di lavoro svolto prima di finire in prigione. Una barca, ad esempio, incisa sulla regione mediana del petto di un vecchio marinaio, oppure un’ancora incisa sul braccio destro di un mozzo espulso da un bastimento.
Tatuaggio di bellezza e di ornamento: usati come segno di ornamento, in genere rappresentavano collane, bracciali, al posto di quelle vere. Ireclusi erano soliti anche tatuarsi finti anelli alle dita.
Tatuaggio di data memorabile: i segni di data memorabile facevano riferimento a date ricordevoli, nel bene e nel male, come le date della carcerazione o della scarcerazione.
Tatuaggio osceno: “Notai, fra quelli che erano ornati di tatuaggi osceni, un tale Camillo portante presso la cicatrice ombelicale un priapo e più sotto leggevasi: AFFERRATE CHISTO”.

Curiosità: come si eseguiva il tatuaggio (da (A. De Blasio, Usi e costumi dei camorristi): “Scelta la regione sulla quale debbono cadere ’e signe il tatuatore coll’indice ed il pollice della sinistra tiene tesa la pelle, se trattasi del petto o dell’addome; la stiracchia invece di sotto o di lato se i disegni debbono ornare gli arti. Alcuni artisti preferiscono tracciare sulla cute, con un lapis, prima il disegno e su questo conficcano ripetutamente l’ago, poscia sulla superficie sanguinante stropicciano la sostanza colorante, altri dispongono sul disegno fatto prima uno straterello di colore e su questo eseguono direttamente le punzecchiature.
Vi sono quelli che intingono prima l’ago nella sostanza colorante in sospensione, che poi viene conficcato nella parte, e non mancano dei casi in cui il disegno, prima fatto sopra un pezzo di carta traforata, vien poi trasportato sopra una parte del corpo appunto come fanno i disegnatori di ricamo in bianco. Gli strumenti da tatuare o sono aghi da cucire, o spilli, o degli stiletti”.