In Campania il torrone è molto diffuso, quello di Benevento è senza dubbio il più famoso, ma anche nella provincia di Avellino vi è una larga produzione del dolce natalizio e, soprattutto, in queste due province si produce una varietà unica in Italia: il torrone del Papa, un torrone morbido particolarmente bianco nel colore che ricorda la candida veste papale, e forse da questa ha preso il nome?
Il torrone non è solo una tradizione natalizia, il suo consumo è tipico anche del giorno della commemorazione dei defunti. In questo giorno, in alcune regioni come la Sicilia e la Sardegna, per i bambini è usanza offrire torroncini e altri dolciumi ai defunti lasciandoli o sulle tombe o sul tavolo la sera, prima di andare a letto; leggenda vuole che le anime dei defunti siano in grado, per una notte, di tornare in vita e di cibarsi di quello che viene loro lasciato a disposizione dai parenti, un modo per “allietare” il viaggio verso l’aldilà.
A Napoli, un tipo di torrone morbido e cremoso ripieno di nocciole intere e ricoperto da un denso guscio di cioccolato è definito “o’ muorticiell”, un dolciume che, nella forma, ricorda una bara in miniatura dove il cioccolato di copertura richiama il legno; consumato, proprio, il due novembre.
Gli antichi romani chiamavano “cupedia” che significa “cosa desiderata” un dolce di mandorle e miele antenato del torrone. Durante le guerre sannitiche, i romani vennero sconfitti dagli Irpini, che li fecero prigionieri affinché potessero testimoniare a Roma la forza delle popolazioni sannitiche. I prigionieri presi dal disonore e dalla vergogna si lasciavano morire di fame e per questo i Sanniti, per mantenerli in vita, gli offrirono per cibo la dolce cupedia, favorendo, in seguito, la diffusione del dolce presso le popolazioni latine.
Sembra che i primi ad avere realizzato un dolce simile al torrone siano stati i paesi del Medio Oriente; arrivato in Italia, attraverso la dominazione araba in area meridionale, nella sua forma più grezza arrivò sino in Sicilia. Gli stessi ingredienti sono, infatti, prevalentemente tipici dell’area mediterranea: zucchero, pistacchi, sesamo, mandorle, miele. La diffusione del torrone è tipica anche in Spagna, soprattutto a sud nell’area dove più è avvertita la dominazione araba nella stessa tradizione culturale.
Si dice che in Sardegna la ricetta del torrone sia di derivazione spagnola, proveniente da Alicante, “l’Alcant” araba. L’etimologia storica sostiene che il termine torrone derivi dal verbo latino torreo che vuol dire “abbrustolire” ma anche dal termine turròn che significa sempre “abbrustolire”, ma è spagnolo . In arabo troviamo il termine “cupeta” che deriva dal nome qubbayt, “conserva dolce”, ossia un dolce di mele, mandorle, ceci tostati e sesamo.
In alcune zone della Calabria, della Campania, della Puglia (nel dialetto di Ascoli Satriano -FG. e di molti altri centri della Capitanata la parola cupeta significa torrone, nel Salento invece può essere sinonimo di croccante), della Sicilia e del Ponente Ligure, il torrone è detto “copeta” (il termine deriva, proprio, dall’ arabo qubbayt), e si consuma tutto l’anno.
In provincia di Benevento sono famosissimi i Croccantini, tipici torroni tradizionali di San Marco dei Cavoti, conosciuti in tutto il mondo. La loro produzione si deve all’inventiva di alcuni produttori locali che inventarono una variante, per forma e preparazione, al più conosciuto torrone di Benevento. Nel 1926, Saverio Serio, conosciuto ed apprezzato pasticciere di S. Marco, dopo un periodo di formazione presso le fabbriche di torrone di Benevento aprì la propria attività nel suo paese. Ancora prima, nel lontano 1800, Innocenzo Borrillo, antesignano della pasticceria sammarchese, creò un dolce glassato di zucchero e cacao composto da un nucleo croccante di mandorle e nocciole che chiamò: Bacio, perché “mangiare il torrone è come essere baciati da un angelo“.