La tradizione mariana tra storie e arte: dalla Vergine dell’Assunta alla Madonna nera

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L’anno prossimo, come da tradizione, ritornano dopo sette anni i riti penitenziali in onore della Vergine venerata sotto il titolo di “Madonna dell’Assunta”. La Madonna guardiese, madre di Gesù, personificata in una statua lignea che la leggenda popolare vuole dissotterrata da maiali nel territorio di Limata, si presta ad alcune curiosità sulle diverse rappresentazione iconografiche intorno alla madre di Cristo che, storicamente, non sono mai state univoche, e nelle vesti e nelle fattezze.

Le raffigurazioni della Madonna più antiche, secondo gli studiosi, la presentavano nera e non certo di carnagione rosea come veniva e viene rappresentata tutt’ora nella tradizione occidentale, essendo la madre di Cristo araba, come del resto lo stesso Gesù che quantomeno doveva avere un colorito scuro.

Le “madonne nere” sono molto diffuse in Italia, Francia, Spagna e in molte altre nazioni:
la Madonna di Loreto, la Madonna Nera all’interno del Santuario di Oropa, la Madonna di Viggiano, quella di Tindari, quella di Częstochowa in Polonia, quella di Montserrat in Catalogna.
La più famosa, per noi campani, è certamente la Madonna nera di Montevergine, un’icona della Vergine che sembra essere arrivata direttamente da Costantinopoli ad Avellino.
Le Madonne nere, più in generale, sembrano avere come matrice il culto di Santa Maria di Costantinopoli, un culto che nacque a seguito della fondazione della città per opera di Costantino, primo imperatore cristiano.

Nel Medioevo il culto dei santi prese il sopravvento su quello della Madonna. I santi rispondevano ad un preciso stereotipo: sostenevano che erano capaci di profetizzare il futuro, di controllare il tempo atmosferico, di garantire la protezione degli ammalati. La Chiesa, come istituzione, non si autoproclamava capace di operare miracoli, tuttavia si assicurava prestigio grazie alle imprese di questi suoi membri.
La Chiesa affermava che i santi, a cui Dio aveva (probabilmente) concesso poteri miracolosi, erano solo degli intercessori e incoraggiava le preghiere.

Le immagini dei santi divennero dei feticci capaci di compiere prodigi, ritenute di possedere un’efficacia miracolosa da invocare per ogni stato di crisi, intimo e personale, generale e sociale.
Fu la Controriforma a riportare in auge il culto mariano e le madonne divennero colorate non solo nella pelle ma anche nelle vesti: in principio fu il bianco anche se, in Spagna soprattutto, si preferì la versione nera del manto per rappresentare la mater dolorosa chiusa in un lutto eterno.
Le madonne seguirono uno schema abbastanza codificato: manto blu su veste rossa. Nell’iconografia il blu rappresenta la trascendenza, il mistero e il divino, il rosso, invece, è visto come un colore terreno, il colore del sangue.

Verso la fine dell’Ottocento il nero venne percepito come un attributo razziale e perciò fonte di disturbo, metafora del dolore.
Le madonne “moderne” portate in processione ancora ai giorni nostri sono per la maggior parte barocche. Barocca è l’usanza di ricoprirle d’oro con monili di varia fattura ed ancora più recente è l’uso di attaccare alle vesti cartamoneta, tipico degli emigranti del secolo scorso che ringraziavano in questo modo la protezione della vergine più volte invocata nei momenti tristi del loro espatriare in cerca di fortuna.

Curiosità: i santi Ciro e Nicola, essendo di origine orientale, dovrebbero essere rappresentati neri o, come detto, quantomeno di pelle scura.
Alla tradizione cristiana meridionale e soprattutto partenopea appartiene un modo particolare di rappresentare la santità: il busto. Il più famoso? Il busto di San Gennaro.